Inizio > Viaggi > La Repubblica Partigiana di Montefiorino (MO), 25 aprile 2008

Dettagli itinerario

L'itinerario, partendo dal fondovalle del fiume Secchia, si snoda tra le valli del Secchia, del Dolo e del Dragone, a cavallo delle province di Modena e Reggio Emilia. Vi sono qui caratteri geografici e storici favorevoli al diffondersi della Resistenza: si tratta infatti di un'area con vasti boschi e, per quanto riguarda l'alta valle del Dolo, di scarse e precarie vie di comunicazione.

Usciti dall'Autostrada del Sole a Reggio Emilia e raggiunto Sassuolo per la statale 467, imbocchiamo la statale 486 che corre lungo il Secchia arrivando a Castellarano, situato su un'altura (149 m.) in posizione strategica per il controllo degli accessi verso la montagna, tanto che gli Estensi lo fortificarono edificando la c.d. Rocchetta: si tratta di una possente opera militare sormontata da torrione a presidio del borgo, che conserva anche due torri dell'originario castello, per il resto distrutto da azioni belliche. Proprio per la sua ubicazione nevralgica, il 20 luglio 1944, qualche giorno prima di sferrare l'attacco contro la Repubblica di Montefiorino, il comando nazista assestato sulla Linea Gotica mise a fuoco l'intero abitato.

Oltrepassato sulla statale Lugo, si svolta a sinistra per Cerredolo, alla confluenza del Dolo nel Secchia. Qui, data la posizione a ridosso dei rilievi appenninici, il fascismo istituì un importante ammasso (tuttora riconoscibile da alcune iscrizioni conservate in un edificio ristrutturato a ristorante sulla provinciale ) per il conferimento forzoso delle derrate alimentari da parte degli agricoltori della zona, conquistato dai partigiani la sera del 4 maggio 1944 vincendo la resistenza della guarnigione posta a difesa (20 prigionieri di cui 12 fucilati).

Proseguiamo in direzione di Toano effettuando una deviazione a destra per raggiungere, in ripida discesa, la frazione di Manno, caratteristico borgo rurale con la chiesa dei SS. Prospero e Paolo, di impianto medievale, e corti padronili tra cui spicca la Corte dei Gherardini, sormontata da importante portale settecentesco con fregi, opera del Ceccati. Da qui, imboccando a sinistra quella che fu una delle arterie principali del borgo, tra edifici in gran parte abbandonati con pregevoli portali in arenaria, si giunge - all'incrocio con l'altra strada per Toano - al cippo commemorativo di 11 giovani datisi alla macchia per evitare l'arruolamento nella Guardia Nazionale Repubblicana, qui fucilati dai nazisti il 12 ottobre 1944 durante un rastrellamento.

Ripresa la provinciale, arriviamo a Toano (842), salendo subito verso la Pieve di Santa Maria del Castello, sull'altura che domina l'abitato. La chiesa preromanica, documentata già in un diploma di Ottone III del 980 e rifatta in epoca matildica, è stata in parte ricostruita dopo i danneggiamenti subiti nei bombardamenti tedeschi dell'estate del 1944, nel corso degli attacchi alla Repubblica di Montefiorino: due tabelloni ai piedi della salita descrivono il quadro storico-geografico degli eventi bellici in zona. Il campanile della pieve è ricavato dall'unica torre superstite dell'originario castello, eretto sotto Bonifacio di Canossa. Scendiamo in paese facendo uno spuntino in un bar nella piazza principale, sulla quale si affaccia una stele dedicata ai caduti di tutte le guerre, dopodichè ripartiamo in direzione di Quara (722), antico centro termale (il toponimo deriva dal latino Acquaria) le cui acque si sono però prosciugate dopo il XIV sec.
Poco oltre il borgo, in località Cà Marastoni, ci fermiamo presso il sacrario eretto dall'ANPI a memoria dei partigiani caduti nella sanguinosa battaglia del Monte Castagna (31 marzo-2 aprile 1945); proseguendo in direzione di Gova, fino al bivio di Pian del Monte dove seguiamo per Civago, incontriamo numerosi cippi dedicati a partigiani caduti in azioni patriottiche.

Lungo la strada per Civago, nel cimitero di Case Pelati (969, vi accediamo - ahem - abusivamente scavalcando il muro di cinta, poichè raggiungere l'ingresso principale avrebbe richiesto una lunga deviazione), si trova un ossario che raccoglie i resti dei 24 civili trucidati il 20 marzo 1944 dalla divisione nazista Hermann Göring, autrice di numerose stragi di civili nella zona.

Giunti quasi alle sorgenti del Dolo, svoltiamo a sinistra verso valle, in direzione di Gazzano (818), centro di villeggiatura prospiciente il lago omonimo noto anche per una mostra permanente di presepi, dove arriviamo mentre è in corso la sagra di San Marco, di cui approfittiamo per una merenda a base di gnocco fritto ripieno di prosciutto crudo (yum!) e vino rosso. Nella piazza principale, un cippo ai caduti testimonia l'importanza della località nella guerra di Liberazione: costituiva infatti punto ideale per il guado del fiume, via più immediata di collegamento con i paesi della sponda opposta del Dolo, tra cui Fontanaluccia (878). Qui, nella struttura conventuale tuttora esistente e recentemente ristrutturata, venne istituito un ospedale partigiano al servizio sia delle brigate sia della popolazione civile della Repubblica.

Ignorando la più ampia strada per Frassinoro, prendiamo quindi la provinciale che, aggirando il lago di Fontanaluccia, procede a mezza costa tra il Dolo e il Monte Modino, attraversando Rovolo, Romanoro (700), Farneta (750) e Gusciola - i paesi dove si insediarono le prime formazioni partigiane della zona - per giungere infine a Montefiorino (797), tra le valli del Dolo e del Dragone. Data l'ora, ci dirigiamo immediatamente alla Rocca, costruita nel 1170 come postazione a difesa dell'abbazia di Frassinoro, ampliata con la costruzione del circostante borgo fortificato nel 1280 e tuttora sede del municipio.
La posizione dominante del castello spiega anche l'importanza rivestita dalla sua conquista da parte dei partigiani, avvenuta il 18 giugno 1944 dopo un assedio durato alcuni giorni. Dalla fusione delle formazioni partigiane operanti autonomamente in zona si costituì quindi il Comando di corpo d'armata del Centro Emilia, che raccolse molti nuovi volontari - tra cui un discreto numero di donne - fino a raggiungere le 7000 unità, e liberò diversi centri tra l'alta valle del Dolo, del Secchia e del Dragone: Palagano, Polinago, Frassinoro e Prignano sul versante modenese, Toano, Villa Minozzo e Ligonchio su quello reggiano. Prendeva così vita, su un territorio di ben 1200 kmq con circa 50.000 abitanti, un'originale esperienza di autogoverno battezzata come Repubblica di Montefiorino, che ebbe però vita breve: già il 30 luglio 1944 l'intero territorio liberato venne preso d'assedio e vinto dai nazifascisti, che il 6 agosto incendiarono la Rocca di Montefiorino. Subito dopo, però, i partigiani rimasti in zona si riorganizzarono, riuscendo a riprendere il controllo del territorio ed a mantenerne viva l'autodeterminazione fino alla Liberazione.
Per documentare le vicende di quei mesi, nel 1979 è stato istituito, sempre all'interno della Rocca, il Museo della Repubblica Partigiana di Montefiorino, sviluppato su 6 sale che raccolgono un'ampia documentazione storica ed etnografica, insieme a videoinstallazioni e approfondimenti curati dalle scuole locali.

Terminata la visita al museo, facciamo ritorno per la strada che collega Montefiorino a Cerredolo, seguendo poi a ritroso lo stesso percorso dell'andata.

Itinerario tratto dal volume Emilia-Romagna, itinerari nei luoghi della memoria 1943-1945, edito da Regione Emilia-Romagna e Touring Club Italiano nel 2005

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Fontanaluccia, ospedale partigiano372 visite
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Montefiorino, panorama dalla Rocca194 visite
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Rocca di Montefiorino, ingresso201 visite
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Territorio Repubblica di Montefiorino232 visite
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